Ora, da Porta Carini si scende verso piazza Beati Paoli lungo una via coloratissima di frutta, verdura e ortaggi, pesce freschissimo, crostacei e molluschi, spezie e tanti altri prodotti tipici siciliani; leccornie dolci e salate, oltre che personaggi i quali rappresentano ancora lo spirito originale del mercato, fatto dell’osservare, dell’assaggiare, contrattare e, ovviamente acquistare.
Sotto i tendoni del Mercato non mancano i venditori ambulanti di biglietti della lotteria, ragazzini in motorino e orde di turisti straniere dalle facce stupite e disorientate, così che il "centro commerciale agroalimentare" somiglia di più a un fantasmagorico circo senza bestie feroci e domatori.
E ben vengano tra i banchi del Capo i venditori stranieri, che in un contesto sempre più multiculturale e cosmopolita, contribuiscono a mantenere vivo un Mercato che, tra banane di importazione e asparagi selvatici, resta comunque un’istituzione storica, dall’identità tanto forte da non poter essere messa in discussione.
Tra le più citate nelle recensioni di chi visita il mercato del Capo, le spremute e i centrifugati di frutta fresca: agrumi, naturalmente, ma anche fichi d’india e melagrane; e le grattatelle all’antica, versione palermitana della grattachecca, a base di ghiaccio grattato, frutta fresca e sciroppo.
Perla del patrimonio culturale ed enogastronomico siciliano e italiano, il mercato del Capo è sicuramente una tappa da inserire nel percorso per conoscere Palermo e per accaparrarsi qualche souvenir culinario: che sia street food da consumare in loco, arancine, crocchè, caponate, sfincioni e panelle da portare nel ricordo, o qualche acquisto a prezzo conveniente da mettere in valigia. Colpiscono in questo paradiso per buongustai il prezioso zafferano, l’incredibile varietà di olive che i siciliani hanno imparato ad apprezzare dai tempi degli antichi Greci, i pistacchi, i capperi.
Durante la passeggiata al Mercato, vale la pena soffermarsi ad ammirare le costruzioni antiche che hanno visto nel corso del tempo storie d'amore, battaglie, invasioni, le vecchie porte, le tante chiese che sovrastano imponenti, da secoli, il brulicare del popolo. Tra tutte spicca la trecentesca Chiesa di Sant’Agostino, conosciuta anche come come "Santa Rita".
Una particolarità del mercato del Capo sono le abbanniate, le tipiche grida di richiamo dei venditori, comuni in tutti i mercati ma che al mercato del Capo si avvalgono per tradizione di immagini metaforiche particolari. Ascoltatele con attenzione: scoprirete che associano l’uva bianca ai riccioli biondi nella capigliatura femminile, la freschezza del tonno (tunnina) a quella di una signorina che si può baciare (segue spesso il bacio al tonno!), mentre zucchine e cetrioli si prestano a piccanti e colorite allusioni.